Teatro

L'avanguardia? Sta qui

L'avanguardia? Sta qui

Tutti felici dopo il successo di «The rape of Lucretia» «Is it all» ? Tutto qui? No, non è con l'interrogativo finale del Rape of Lucretia che possiamo siglare, per fugaci ragioni di cronaca, il successo dell'opera britteniana che sabato scorso è andata in scena al Teatro Regio di Parma con molti applausi e ripetute chiamata alla ribalta degli artisti, che erano Annie Vavrille (Lucretia), Davide Damiani (Tarquinius), Peter Savidge (Collatinus) e George Mosley (Junius), oltre a Gabriella Sborgi (Bianca) e Ruth Rosique (Lucia) con Jeremy Ovenden (coro maschile) e Sonia Dorigo (coro femminile), tutti efficacemente diretti da Jonathan Webb per la regia di Daniele Abbado. Al di là della performance, che il pubblico ha sicuramente apprezzato, nutriamo infatti la buona speranza che d'ora in poi la si smetta di definire il Regio un club di biechi tradizionalisti, una congrega di melomani persi e retrivi senz'altra aspettativa che non sia il do di petto della Pira. Di gente, a teatro, ne è venuta. E chi è stato a casa s'è perso un'occasione per conoscere, insieme a qualcosa del mondo, qualcosa di più di se stesso. Perché The rape of Lucretia è proposta che suggestivamente non permette distrazioni dal pensare, e la parola in musica suona lapidaria come editto, come epigrammatica ricerca di un perché all'agire dell'uomo. Vi si parla, senza mezzi termini, di un potere che strumentalmente s'inventa nemici da combattere per stornare l'attenzione dai propri limiti; vi si racconta di una donna violentata che mai e poi mai è stata complice, anche soltanto in grazia della propria bellezza, di chi l'ha stuprata (quanti sospetti - sempre - verso le donne violate!); quanto all'autodistruzione come motore e obiettivo del violentatore, è più di un'ipotesi psicologica e attiene al dubbio su quali siano le origini del male. Gran bel teatro: sostanzialmente e formalmente nella regia di Abbado. Dietro le quinte è gioia. Webb ricorda il tenace lavoro svolto durante le prove soprattutto per dare espressività e chiarezza alla lingua inglese, in modo che l'utilizzo dei sopratitoli in italiano non diventasse condizione imprescindibile alla comprensione dell'opera. Abbado, da parte sua, è parimenti lieto e ribadisce che «non esiste contraddizione tra avanguardia e tradizione, se è vero che la tradizione è da trent'anni in crisi sul fronte dell'interpretazione. Per intenderci: dove sono le voci verdiane…?». In sintesi: non tutto di ciò che è l' «Opera» è condensabile nel «Melodramma», questo è il concetto. E c'è un grande teatro in musica che non è permesso eludere. Pena la squalifica dall'intelligenza (della realtà). Come Sonia Dorigo, che si sta preparando a Traviata, anche Vavrille è entusiasta e dice: «The rape of Lucretia è un'opera del 1946, ma ovunque è già considerata un classico, non un titolo della contemporaneità. Da subito ho avvertito la sensazione che il pubblico sia stato catturato e ci abbia esso stesso condotto verso un esito felice. E' stata un'esperienza bellissima». Annie Vavrille sarà presto la Marchesa di Berckenfield ne La fille du régiment a Bologna: manca all'incirca un mese e vale un'ora di viaggio riascoltarla nel capoluogo felsineo. Anglofono gentile nonché signorile volto britannico, Peter Savidge si scusa di non parlare italiano e dichiara: «Dal Regio di Parma sono passati i più grandi artisti del mondo ed essere qui è fantastico. E' inoltre importante ottenere il consenso del pubblico in un'opera che lancia un messaggio di pace, di speranza continua contro l'umana crudeltà». Davide Damiani, prossimamente Nabucco al Festival di Spalato, afferma che «il successo al Regio dà la sensazione di un esame sofferto e superato, anche se gli esami, nel nostro mestiere, non finiscono mai», mentre Gabriella Sborgi, tra breve impegnata in un recital di Wolf a Bologna, dichiara: «E' stato emozionante cantare in questo teatro, comunque noi eravamo sereni, perché il lavoro di squadra è stato vero, intenso, e l'opera di Britten è portatrice di una formula in cui avere assolutamente fiducia».